Chi era Gabrielle “Coco” Chanel prima di diventare Mito? Questo è il quesito che si è posta Anne Fontaine, regista di questo Coco Avant Chanel - L’amore prima del mito, anomalo scatto sulla leggendaria stilista francese. Un salto nel tempo, un ritorno alle origini, alla sua tormentata infanzia, alla morte della madre, all’abbandono da parte del padre, all’orfanotrofio, al sogno di diventare una grande cantante, al mantenimento da parte di un ricco nobile, all’amore mai del tutto vissuto, fino all’esplosione del proprio immenso talento, capace di renderla icona di stile e di vita, capace di renderla immortale.
A vestire i panni dell’androgina Coco una splendida Audrey Tautou, finalmente pronta a scrollarsi di dosso i pesantissimi panni di Ameliè, che da un decennio non osano mollarla. Peccato che attorno alla sua figura minuta, ai suoi immensi occhi e al suo incredibile carisma ruoti una pellicola lenta, a tratti noiosa e incapace di emozionare, a differenza, ad esempio, di quanto accadde con La vie en Rose…
Un’infanzia da romanzo dickensiano, 15 anni passati ad aspettare, ogni domenica, che il padre tornasse a prenderla. Una carriera da cantante mai realmente partita, un lavoro da umile, silenziosa e accondiscendente sartina portato avanti solo per mantenersi, un amore mai cercato e sempre allontanato, un amante ricco e viziato che la mantiene e coccola, un uomo che riesce a conquistare il suo cuore ma che non potrà mai avere del tutto, un talento immenso, una forza dirompente e un coraggio delle proprie idee mostruoso, per una delle donne più importanti del secolo passato.
Tutto questo e molto altro è stato Coco Chanel, personaggio fenomenale che rivoluzionò il campo della moda femminile all’inizio del 900, emancipando la donna geisha di un tempo. Un tempo splendidamente portato in sala da Anne Fontaine, che ha curato nei minimi dettagli le ambientazioni d’epoca, potendo prendere a piene mani dall’archivio storico d’abiti della maison francese.
Peccato che tra castelli, cappelli a meringa e vestiti appariscenti, la regista non sia riuscita a rendere realmente interessante il suo anomalo tentativo di portare in sala una parte di vita di Coco Chanel. Didascalico, ripetitivo, lento e sicuramente poco originale dal punto di vista registico, il film viene trascinato dalla sublime prova di Audrey Tautou, che da sola però non basta a portare avanti il tutto.
Anne Fontaine punta la propria attenzione soprattutto su uno dei pochi amori che la giovane Coco Chanel riuscì a vivere, quello con Arthur Capel, detto “Boy”, giovane ed affascinante business man che economicamente sostenne l’avvio produttivo della stilista, costringendola a buttarsi completamente sul lavoro dopo la sua improvvisa scomparsa. Non vi è quindi traccia del lato ‘ambiguo’ di Chanel, per molti bisessuale e con amanti sparse nell’arco della sua lunga e fortunata vita, portata in sala si come un moderno maschiaccio, tanto da cavalcare come un uomo, ma solo dal punto di vista comportamentale e modaiolo. Una scelta sicuramente discutibile, per non dire “politicamente corretto”.
Forte e testarda, incapace di vivere in un mondo femminile fatto di formose donne pagliaccio serve degli uomini, la Coco Chanel di Audrey Tautou convince nella postura, nello stile, nella capacità di costruirsi un impero partendo dal nulla, da un’istruzione mancata e da una famiglia inesistente, tanto da accettare di farsi ‘mantenere’ per diversi anni da un ricco e volgarotto ereditiere francese.
E’ interessante notare come sia proprio l’ultima scena quella forse più riuscita. La prima sfilata di Coco Chanel, buttata sulle scale, pensierosa, sentimentalmente distrutta, attaccata con tutte le forse al proprio lavoro, alla propria carriera, che da lì a poco sarebbe esplosa con fragore, fino al meritato applauso, all’ovazione nei confronti di un’artista che cambiò un’epoca e ad un compiaciuto e meritato sorriso, dopo anni di sofferenze ed obblighi nei confronti di un mondo maschilista, che proprio lei contribuì a far evolvere.
Peccato che si esca dalla sala con un senso di vuoto, se non di indifferenza, pensando già ad altro…
cineblog.it
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